
Era nato a Jonia il 23 marzo 1945 il Maestro.
Aveva 76 anni quando ieri sera si è spento nella sua residenza a Milo, dopo una malattia durata diversi anni.
Davvero difficile racchiudere nelle parole la grandezza di questo artista poliedrico, eppure Franco Battiato lo era: cantante, musicista, regista di due film che aveva diretto con passione, Perdutoamor e Musikante su Ludwig van Beethoven presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Amante della pittura.
La sua musica era senza tempo e impossibile da etichettare in un unico genere. Nella sua lunghissima carriera, durata più di 50 anni, ha consegnato al mondo brani indimenticabili come La cura, Centro di gravità permanente, Voglio vederti danzare.
Era il 1971 quando iniziò a pubblicare i suoi primi dischi del tutto sperimentali (Fetus e Pollution) e quando incantava il pubblico nei suoi spettacoli: il volto trasfigurato dai trucchi, provocatorio, imperturbabile. Il mondo della critica musicale non era stato generoso con lui agli inizi e non lo riteneva capace di scrivere canzoni popolari ma lui lo fece, per sfida, per scommessa ma soprattutto con talento.
Cominciò una nuova era, L’era del cinghiale bianco che incantò il mondo con quel ritmo ipnotico, con quel fascino mistico e quel linguaggio colto, nuovo. Seguirono Stranizza d’amuri, Patriots, Veneza-Istanbul, Prospettiva Nevski, fino all’esplosione commerciale con La voce del padrone, Bandiera bianca, Cuccurucucù e Centro di gravità permanente.
Era l’era di un clamoroso successo che aveva cristallizzato Franco Battiato tra i più importanti nomi nel panorama della musica italiana. Di quel successo lui era a volte appagato, a volte infastidito. L’importante era che ce l’avesse fatta: aveva dimostrato che si potevano utilizzare le note per fare arte, poesia profonda, incisiva. La musica era diventata nelle sue dita e nelle sue parole lo strumento per andare avanti, migliorarsi e istruirsi.
Col passare degli anni il tono si fece più dolente, riflessivo, ma sempre più prezioso e furono E ti vengo a cercare, L’oceano di silenzio fino alla inarrivabile La cura, tutti brani dal doppio significato, rivolti ad amori terreni, così come a pensieri astratti, spirituali.
Salutiamo questo meraviglioso artista, la sua grande umiltà come essere umano e ci consoliamo leggendo i suoi testi, firma indimenticabile di un talento ineguagliabile e incisivo.
Fabiola Astore
Fonte: LaRepubblica.it
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